domenica 11 novembre 2018

Una poesia fra epica e memoria, al femminile


Audre Lord.


di Franco Romanò

Riprendiamo il nostro cammino tornando alla poesia con una poeta ancora poco conosciuta in Italia: Audre Lord, che fa parte di quella generazione di intellettuali e artisti neri statunitensi che si sono formati nel crogiolo dei  movimenti per i diritti civili.





Leggendo di seguito le poesie della poeta afro americana, senza fermarsi troppo sul singolo testo o verso, ma lasciandosi prendere dal ritmo e dal suono, l'eco del blues emerge dal profondo. È una costante della poesia afroamericana, fin dai loro classici del '900: Countee Cullen, Gwendolyn Brooks, Langston Hughes. Solo che, nel caso di Audre Lord, insieme a questa eco se ne impone presto un'altra. Il blues è naturalmente associato a un sentimento struggente, la malinconia, una specie di spleen o di saudade, mentre in Audre Lord sono la rabbia, l'indignazione e l'orgoglio a increspare il verso.
...I learned to be at home with children's blood
with savored violence
with pictures of black broken flesh
used, crumpled, and discarded
lying amid the sidewalk refuse
like a raped woman's face...

Ho imparato ad essere a casa con il sangue dei bambini
con la violenza assaporata
con immagini di carni nere spezzate,
usate, raggrinzite e gettate nelle discariche
in mezzo ai rifiuti del marciapiede
come il volto di una donna stuprata...


...Speak proudly to your children

where ever you may find them
tell them
you are offspring of slaves
and your mother was
a princess
in darkness...

...Parla con orgoglio ai tuoi bambini
ovunque tu li possa trovare
dì loro
che sei una discendente di schiavi
e che tua madre era
una principessa
nella tenebra...1
È, lo sappiamo, la cesura intervenuta negli anni '60, l'insorgenza della comunità nera, la ribellione aperta, poi il suo modo di intendere il femminismo, i gender studies: un precipitato che è tutto quanto presente - e nelle sue forme più radicali - sia nella biografia, sia nella sua poesia. La generazione di scrittori e poeti prima della sua era stata più attenta a rapportarsi non solo alla tradizione nera del Gospel, ma anche alla poesia bianca. Erano degli zii e delle zie Tom? No, questo no, e sarebbe di certo ingeneroso bollarli con questo appellativo: peraltro Gwendolyn Brooks portava nella sua poesia la tragedia dell'aborto e fu la prima artista nera a vincere il Premio Pulitzer. Indubbiamente, tuttavia, la comunità nera viveva in una sorta di limbo alla fine degli anni '50. Esaurita la spinta propulsiva dei primi decenni del secolo, quando erano nate le prime organizzazione autonome e si era imposto un pensatore importante come Du Bois, la musica (blues e jazz) era diventata la cifra culturale con cui l'afroamericano s'imponeva al mondo, ma rimaneva senza diritti a casa propria, dopo che si era esaurita la breve utopistica stagione del ritorno in Africa. A quella musica non mancava la forza della denuncia (basti pensare a una canzone straordinaria come Strange fruit, che Billie Holiday cantò per la prima volta nel 1939), ma essa rimaneva perlopiù confinata alla condanna morale dei linciaggi del passato, ma niente di più.
La Seconda Guerra Mondiale e la massiccia partecipazione della popolazione afro americana alla medesima aveva acceso la fuggevole illusione di poter arrivare per quella strada a una maggiore giustizia, ma tutto si era risolto in buone parole. Gli anni '50, dunque, sono un decennio di attesa, i poeti classici afroamericani già citati si affacciano a una notorietà che va oltre i confini della comunità nera, con il risultato, spesso, di renderli estranei alla medesima, accedono anche a cariche universitarie, ma non sembrano la punta dell'iceberg di un movimento generalizzato di emancipazione, ma solo dei casi isolati. La raffinatezza stilistica di certe soluzioni li allontanano sempre di più dalla comunità di appartenenza, ma bisogna considerare pure che erano tempi di giganti della poesia statunitense: Wallace Stevens, Marianne Moore. La voce dei pochi poeti e poete laureati neri si perde. Con gli anni '60 comincia a cambiare tutto. Nasce una nuova generazione di leaders, celeberrimi, ma vorrei ricordare anche quelli forse meno noti oggi (non allora) come Angela Davis, Stokely Carmaichael, Rap Brown. Insieme a loro una nuova generazione di poeti e narratori, che a volte sono anche leader politici. E poi Amira Baraka (al secolo Leroy Jones), James Baldwin, nero, comunista e omosessuale, omologo al maschile di Audre Lorde. Fu questa generazione a travolgere le barriere razziali che oggi stanno ritornando nonostante il presidente nero e ancor più con Trump; ma quella fu la generazione che diede ai neri statunitensi il senso della loro autonomia culturale, non più confinata alla sola musica, ma autorevole in ogni campo del sapere e ben presente sulla scena politica. Due premi Nobel che sarebbero venuti molti anni dopo, prima Toni Morrison e poi Derek Walcott, caraibico, ma docente nelle università americane, sarebbero impensabili senza questa generazione.






Audre Lord ne fa parte con una propria specificità ben visibile e netta. Esordisce nel 1968, un anno veramente topico anche per gli Usa e non solo per l'Europa. Le lotte per i diritti civili dei neri sono in pieno sviluppo, Martin Luther King viene ucciso proprio quell'anno e le manifestazioni in tutti gli States fanno traballare l'amministrazione Johnson.
A woman speaks
moon marked and touched by sun
my magic is unwritten
but when the sea turns back
it will leave my shape behind.
i seek no favor
untouched by blood
unrelenting as the curse of love
permanet as my errors
or my pride
I do not mix
love with pity...
Luna segnata toccata dal sole
il mio incan to non è scritto
ma quando il mare si ritira
la mia forma lascerà dietro di sé.
Non cerco favori
incontaminata dal sangue
implacabile come la maledizione d'amore
permanente come i miei errori
o il mio orgoglio
non mescolo amore e pietà
La scelta femminista e poi lesbica allarga l'orizzonte della sua poesia e ne trasforma ulteriormente lo stile. Il verso libero è una costante del suo dettato poetico ed è conforme alle sonorità del blues e ai cambi di ritmo e registro del jazz, ma la narratività aspra si arricchisce di richiami storici, affonda nelle radici africane, ma anche le rifiuta perché le avverte legate a un passato che non può tornare: siamo lontanissimi dal mito del ritorno.
I do not dwell
within my birth nor my divinities
who am ageless and half-grown
and still seeking
my sisters
witches in Dahomey
wear me inside their coiled cloths
as our mother did
mourning.
I have been woman
for a long time
beware my smile
I am treacherous with old magic
and the noon's new fury
with all your wide futures
promised
I am
woman
and not white.

Non dimoro nel recinto della mia nascita
neppure in quello delle mie divinità.
Sono senza età e mezza cresciuta
sto ancora cercando
che le mie sorelle
streghe del Dahomey
m'indossino nei loro abiti avvolgenti
come fece nostra madre
lamentandosi.
Sono una donna
da molto tempo
stai attento al mio sorriso
sono infida verso il vecchio incanto
sono la nuova furia a mezzodì
con tutti i tuoi vasti futuri promessi
Io sono
donna
e non bianca.
Sono una donna e non bianca
In queste poche parole c'è molto di Audre Lord.
Now
Woman power
is
Black power
is
Human power
is
alwasy feeling
my heart beats
as my eyes open
as my hands move
as my mouth speaks
I am
are you
Ready

E adesso potere Donna
è
potere Nero
è
potere Umano
è
sempre empatia
il mio cuore batte
come i miei occhi aperti
come si muovono le mie mani
come la mia bocca parla
Sono io
sei tu
Pronti.
Quella di Audre Lord è una poesia forte e popolare, più colta di quanto non appaia a prima vista, ma che sa arrivare al cuore del lettore scegliendo la via diritta del coinvolgimento emotivo. Questo è solo un primo approccio alla sua complessa personalità anche perché essa non si esaurisce nell'opera poetica. Gli scritti politici della poeta afroamericana sono altrettanto importanti e meritano uno studio attento. In Italia la sua opera è ancora poco conosciuta nonostante le meritorie iniziative della Libreria delle donne e di altre associazioni femministe e gruppi LGBT.



mercoledì 24 ottobre 2018

In memoria di Bia Sarasini


Proprio oggi sarebbe stato il giorno del suo compleanno, ma Bia Sarasini ci ha lasciati pochi giorni fa.  Vogliamo ricordarla oggi nella nostra piccola impresa del blog diepicanuova perché due anni fa presentammo a Milano l’antologia Epiche - Altre imprese, altre narrazioniil volume uscito nel 2014 per la casa editrice Iacobelli  e curato da Paola Bono e da Bia Sarasini. Fu una serata molto intensa cui Bia partecipò in modo sobrio e attento, ponendo alcune domande che influirono molto positivamente sul dibattito che seguì la presentazione. Potemmo così apprezzare dal vivo la sua intelligenza ma anche la pacatezza dei suoi interventi. Un anno dopo quella presentazione ci sentimmo ancora e, grazie a lei, portammo a Milano Edoardo Albinati e il suo romanzo La scuola cattolica, nell’ambito dei seminari della Società di Psicoanalisi critica. Purtroppo non ci sarà un seguito a tutto questo e Bia mancherà a noi come mancherà a tutti e a tutte coloro che in questi giorni l’hanno ricordata. Ne terremo viva la memoria continuando a interrogarci sulle tematiche che hanno occupato la sua vita di passione militante e intelligenza critica.

martedì 23 ottobre 2018

Il conflitto tra umanità e natura nella nuova raccolta di Giuseppe Caracausi: tra i due mediterranei


di Paolo Rabissi

Nell’epica occidentale il conflitto è sovraesposto. La guerra è natura. Così come il conflitto amoroso. Quello che difficilmente viene articolato è l’insieme ‘storico’ dentro il quale stanno le cause di guerre e conflitti. Tale trattazione in fondo sembra non riguardare la poesia. Ma il Novecento ha rotto schemi e naturalizzazioni indebite e pensiamo che anche la poesia non ne resti estranea.  Soprattutto perché tutto il mondo precedente è apparso nella sua dimensione storica. Oggi quel mondo lo cataloghiamo dentro il patriarcato, di esso diciamo qui solo che è stato un prodotto storico e che in quanto tale viene lentamente sostituito da qualcos’altro, lentamente perché una dimensione dell’umano durata più di tre, quattro mila anni non si modifica dall’oggi al domani.

Tutto questo solo per dire che a voler ragionare, come facciamo in questa pagine del blog, sulla fine dell’epica in poesia e su una sua attualità (più evidente altrove che da noi), nel conflitto continuiamo ad aspettarci d’imbatterci quasi per necessità ‘ontologica’, ma anche perché il Novecento ha quanto meno svelato, rispetto al passato, accanto a quelle tradizionali, dimensioni e soggettività conflittuali diverse. Penso a quella determinata dalla lotta di classe, alla lotta secolare di  una classe operaia le cui conquiste proprie sono state motori efficienti di democrazia e libertà.
Penso a quella legata alla traduzione in tecnologia di scoperte scientifiche che hanno spalancato mondi e soggettività nuove.  Penso a quella determinata dai femminismi impegnati in una critica radicale del sistema patriarcato-neoliberismo, quelli per intenderci che prendono le distanze da tensioni esclusivamente emancipazioniste che finiscono solo col mimare comportamenti maschili ed esaltare di fatto il presente governato dal sistema di cui sopra.
Penso infine al conflitto umanità-natura, vecchio di suo, che nella nostra epoca, ribaltando i rapporti di dipendenza, ha assunto il carattere di una riflessione teorica e pratica sulla nostra sopravvivenza sul pianeta.
Quale ricaduta possa tutto ciò avere sulla poesia ce lo chiediamo.

La raccolta di Giuseppe Caracausi (tra i due mediterranei, edizioni Gattomerlino, 2016) forse vuole avvertirci che il conflitto tra la natura, in questo caso il mare Mediterraneo con le sue molteplici sponde, e l’umanità è arrivato a un punto critico: “ interi settori di mediterraneo accumulano microle- / sioni fino al punto di non poter più funzionare cor-/ rettamente …” (pag. 9). Sembra la riflessione di uno scienziato, un esperto comunque di campi scientifici molteplici, che ci invita con garbo nella sua ricognizione. Ma che relazione c’è, se c’è, tra microlesioni, spaccature, disordine geografico, forze disgiuntive, scomposizione di forze e l’ospite ‘che si sta tuttora formando’ e del quale ‘per superare le condi-/zioni di dannosità    in altre culture s’impone la/ morte…’? (pag  12).
Del resto chi è che produce ‘incremento termico’, ‘rumore dello sviluppo’ ‘negligenze, piccole quanto si vuole’?
Lo scienziato che scrive comunica solo l’esistenza inquietante di uno stato di tensione, di un conflitto, forse una guerra, tra quanto sta avvenendo nel mare e sul pianeta e certe misure forse necessarie. Un’inquietudine che sembra dunque prevalere ma di natura difficile da comprendere, forse lo stesso scienziato non è in grado. Il garbo viene da strofe apparenti di ritmo uguale e pacifico: quattro o cinque righe, un ordinato andare a capo salvo rompere la parola con l’a capo del trattino come se l’autore seguisse un ritmo interiore da rispettare. Ma non è così, l’ordine è solo apparente, ce ne dissuade il fatto che nella riga la separazione tra parole è discontinua, i vuoti sono spesso numerosi, parole e sintagmi si allontanano senza apparente schema, ti può sembrare che i vuoti mimino le virgole o i punti dato che non c’è alcuna punteggiatura (c’è solo un punto alla fine della seconda sezione ed è messo tra parentesi) ma non c’è nessuna spiegazione del fatto che nella stessa riga i vuoti siano in quantità diversa qua e là, quello che ti viene in mente a dire il vero è quando il computer per allineare le righe ci crea dentro a suo piacimento spazi in più.
Vorresti dire che l’autore in fondo si diverte a creare uno scenario difficile da decifrare, ma resta a tenere il tutto una tensione a tratti violenta sotto traccia che appare appunto inspiegabile, forse solo perché l’umanità lo è di suo.
‘servono cose di piccola scienza’ commenta l’autore all’inizio della seconda sezione, dove scompare il mediterraneo, ma che relazione c’è, se c’è, tra i ‘bassi livelli’ di cloro e zolfo e ossigeno e fosforo, le aggiunte di ferro, la città fresca di cobalto e stagno e il ‘primo piccolo passaggio’ che è quello ‘di eliminare sotto forma di/ scorie gli estremi della cittadinanza’? Insomma l’ospite è già stato ucciso? Chi ha ordinato di eliminare il disturbo e chi sono coloro che ‘hanno pensato di offrire di uccidere’? (pag. 18).  Chi è colui o colei che ‘non lascia di occuparsi del proprio silenzio….foggia soluzioni    calcola solo per uccidere’? (pag. 19).
Nella terza sezione il conflitto sembra farsi più complicato ma anche più disperante. Il disordine sembra imperare sul tutto, creato o meno che sia. Spuntano alchimisti, forse sono loro a suggerire norme di comportamento, forse una via d’uscita, una soluzione  per riordinare: “sii flessibile alle pressioni   ai colpi che il pianeta/ decide per te” (pag. 24). Ma dura poco, le possibilità del vero si mostrano uguali a quelle del falso: “in chimica della rovina   a/ fisica dello scoppio   x è uguale a y”. La materia continua ad avere ‘proprietà minacciose’, aggressioni chimiche sembrano avere relazioni con ‘dinamiche militari’: forse interpretare così le righe a pag. 26 è andare fuori strada ma forse l’autore vuole che tu ci vada. A volte sembra di poter capire qualcosa nel disordine se solo riesci a dare un altro ordine alle righe, magari leggendo per prima la terza riga e dopo la seconda, ma è un’illusione, magari funziona una volta e comunque non capisci. A tratti ti sembra di poter scorgere fra le righe il sorriso divertito dell’autore e la pagina, con tutte le sue alchimie, ti trattiene a sé come un abbraccio di solidarietà e sopravvivenza. E’ per questo che in ultimo facciamo nostre le righe che compaiono nel risvolto di copertina:
“del resto se una pagina è capace di resistere
a bruciature a delle parole difficili da saltare
a qualche errore di proposito e quelli c’è messi
lì a cercare di rimuovere tali incomodi prima
di poterla leggere quella pagina dimostra
forza e capacità autentiche vale molto”



Dalla SEZIONE 1  (1998-2005)

VARIAZIONI DEL GRADO DI SPOSTAMENTO

Quasi  una  calma  mediterranea  sopravvenisse  a
distogliere     con  la  costituzione     anche  troppo
minuta della più parte della materia        tutto qui

se prescindiamo dalle acque che insistono nei loro
moti  contro  la   terraferma   possiamo  credere di
intuire la linea  da cui  molte cadute dipenderanno

si trattava di vedere di condurre una linea al disordi-
ne geografico nel rispetto della pertinenza dei luoghi
e le zone interposte           una forza era applicata nel
punto in cui il mediterraneo divide

una volta che la spaccatura prende luogo        nella
morfologia del mediterraneo e non ovunque si può
assistere  a  una inversione  di  sforzo          è come
geografie che hanno oramai fatto il loro tempo

interi settori di mediterraneo accumulano microle-
sioni fino al punto di non poter più funzionare cor-
rettamente      di regola  un meccanismo riparativo
non sarebbe applicabile



tra i due mediterranei esiste sempre un dominio di
temperature alle quali entrano in vigore fenomeni
che agiscono di prevalenza in modo disgiuntivo


che uno sia indotto a disaffezione    da un oggetto
geografico primordiale o perda capacità di reagire
velocemente a pericoli   l’ospite sa figurarselo   in
questo fa consistere la sua grandezza 


facilitano  la  formazione  di  artefatto  anche   sul
mediterraneo  incremento termico     rumore dello
sviluppo   negligenze  piccole quanto si vuole  ma
in grado di aumentare l’adesività dell’ospite che si
sta tuttora formando




dalla SEZIONE 2 (2005-2011)

EVENTI DI CALENDARIO IMMINENTI
DEVIAZIONE GONTROLATERALE DEL SEGNALE
ANALISI DELLE GIORNATE TOPOGRAFICAMENTE
VICINE
C0N PUNTI DI RITIRO/ESPANSIONE


per non precipitare del tutto si aggregano come par-
ticelle depositano bande flocculi scudi     con fonda-
mento e la testa a quello che il ferro sparendo lascia
pensare

……

non ancora al punto in cui i contatti puntuali passa-
no di colpo a fusioni clamorose     aggiunte di ferro
in uno stato indesiderato   l’inferiorità a priori   un
pensiero sciolto   fiducioso coetaneo  servono cose 
di piccola scienza  

……

quando dicono di volere imprimere un’accelerazione
al sistema   in caduta      o influenzare  la materia per
avere molto  non sanno di essere stati malati

……

in  queste   lontananze   geografiche   solo   posterior-
mente alla circolazione dell’ordine di eliminare       il
disturbo   hanno pensato  di offrire di uccidere.

……

Basterebbe un  paio  di  chiodi   neanche  grossi  pian-
tarli non con una pietra   nella  calotta       dell'animale
all'infuori di un martello non ci       sarebbe altra spesa
(.)




Dalla SEZIONE 3 (dal 2012)

ASPETTI DEL PRECIPITATO



ci sono esempi  di corpi in cui  il disordine è estremo
i costituenti occupano   posti  quasi a caso   disordine
alto   da liquido       i difetti    sono mobili       saltano
da una formazione    all'altra    con    frequenza libera
che non dipende   e su cui gli    alchimisti   esercitano
maggiormente la loro pazienza

……

da uno   scheletro   animale    non si   ricavano molte
prove di    malnutrizione      vero       falso      la lente

d’ingrandimento  opacizza il lavoro      vero       falso
l'adattamento  alla  plastica  produce  hard e software
costosi   vero   falso       in  chimica  della   rovina   a
fisica dello   scoppio   x è uguale   a y   è un'incognita
non ricordare se ce y — se        ce probabilmente è un
errore di concorrenza      di cosa ti danno      investire
insieme a te

……

quando     uno si     aspetta di tutto      prima di essere
riuscito a        vedere dietro la variegata immediatezza
del      fenomeno      la condizione    totale di     buio è
soddisfatta     la massima    reperibile sulla terra      20
giorni di    calendario      dio    come devi stare attento
non sta nulla


in parte poiché la loro frattura generalmente meno
complicata di quella dei metalli  senz'altro dalla te-
sta nel mezzo l'intaglio superficiale ci sta con il suo
assistente        di nuovo trazione   nel punto   che lo
sforzo si concentra spiega la debolezza dei campio-
ni più grandi