20 gennaio 2016
Nel lontano 1962, Pasolini scrisse la poesia dal titolo Profezia, un lungo testo che ebbe anche una travagliata vicissitudine editoriale. Quella che proponiamo qui è la versione del 1964 arricchita da Pasolini stesso che compare nel Libro delle croci, sezione quarta della raccolta Poesia in forma di rosa. La poesia successivamente la ritroviamo In Alì dagli occhi azzurri (1965), una variegata raccolta
di racconti, sceneggiature e spunti critici.
di racconti, sceneggiature e spunti critici.
La pubblichiamo ora senza commento critico, valga da solo l'impressionante esempio di visione lungimirante (viene da dire comprese le strofe a forma di croce), nutrita dalla concretezza del saper vedere bene e di quello che in questo blog abbiamo cercato di indicare come epica nuova.
Profezia
A Jean-Paul Sartre, che mi ha raccontato
la storia di Alì dagli occhi azzurri.
Era nel mondo un figlio
e un giorno andò in Calabria:
era estate, ed erano
vuote le casupole,
nuove, a pandizucchero,
da fiabe di fate color
delle feci. Vuote.
Come porcili senza porci, nel centro di orti senza insalata, di campi
Senza terra, Di greti senza acqua. Coltivate dalla luna, le campagne.
Le spighe cresciute per bocche di scheletri. Il vento dallo Ionio
scuoteva paglia nera
come nei sogni profetici:
e la luna color delle feci
coltivava terreni
che mai l'estate amò.
Ed era nei tempi del figlio
che questo amore poteva
cominciare, e non cominciò.
Il figlio aveva degli occhi
di paglia bruciata, occhi
senza paura, e vide tutto
ciò che era male: nulla
sapeva dell'agricoltura,
delle riforme, della lotta
sindacale, degli enti benefattori,
lui. Ma aveva quegli occhi.
La tragica luna del pieno
sole, era là, a coltivare
quei cinquemila, quei ventimila
ettari sparsi di case di fate
del tempo della televisione
porcini a pan di zucchero
per dignità imitata dal mondo padrone.
ma non si può vivere là! Ah, per quanto ancora, l'operaio di Milano lotterà
con tanta grandezza per il suo salario? Gli occhi bruciati del figlio, nella
luna, Tra gli ettari tragici, vedono ciò che non sa il lontano fratello
settentrionale. Era il tempo
quando una nuova cristianità
riduceva a penombra il mondo
del capitale: una storia finiva
in un crepuscolo in cui accadevano
i fatti, nel finire e nel nascere,
noti ed ignoti. Ma il figlio
tremava d’ira nel giorno
della sua storia: nel tempo
quando il contadino calabrese
sapeva tutto, dei concimi chimici,
della lotta sindacale, degli scherzi
degli Enti Benefattori, della
Demagogia dello Stato
e del Partito Comunista…
… e così aveva abbandonato
le sue casupole nuove
come porcili senza porci,
su tradurre colore delle feci
sotto montagnole rotonde
in vista dello Ionio profetico.
Tre millenni svanirono
non tre secoli, non tre anni, e si sentiva di nuovo nell'aria malarica
l’attesa dei coloni greci. Ah, per quanto ancora, operaio di Milano,
lotterai solo per il salario? Non lo vedi come questi qui ti venerano?
Quasi come un padrone.
Ti porterebbero su
dalla loro antica regione,
frutti e animali, i loro
feticci oscuri, a deporli
con l'orgoglio del rito
nelle tue stanzette novecento,
tra frigorifero e televisione,
attratti dalla tua divinità,
Tu, delle Commissioni Interne,
Tu della CGIL, Divinità alleata,
nel meraviglioso sole del Nord.
Nella loro terra di razze
diverse, la luna coltiva
una campagna che tu
gli hai procurata inutilmente.
Nella loro terra di Bestie
Famigliari, la luna
è maestra d'anime che tu
hai modernizzato inutilmente. Ah, ma il figlio sa: la grazia del sapere
è un vento che cambia corso, nel cielo. Soffia ora forse dall'Africa
e tu ascolta ciò che per grazia il figlio sa. (Se egli non sorride
è perché la speranza per lui
non fu luce ma razionalità.
E la luce del sentimento
dell'Africa, che d’improvviso
spazza le Calabrie, sia un segno
senza significato, valevole
per i tempi futuri!) Ecco:
tu smetterai di lottare
per il salario e armerai
la mano dei Calabresi.
Alì dagli occhi azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche parate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a malandrini:
"Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!”
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia
nelle Città della Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe della Storia Antica,
voleranno davanti alle villaye.
Essi sempre umili
essi sempre deboli
essi sempre timidi
essi sempre infimi
essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi sempre piccoli,
essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare,
essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi
in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,
essi che si costruirono
leggi fuori dalla legge,
essi che si adattarono
a un mondo sotto il mondo
essi che credettero
in un dio servo di Dio,
essi che cantarono
ai massacri dei re,
essi che ballarono
alle guerre borghesi,
essi che pregarono
alle lotte operaie…
… deponendo l'onestà
delle religioni contadine,
dimenticando l'onore
della malavita,
tradendo il candore
dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì
dagli Occhi Azzurri - usciranno da sotto la terra per rapinare -
saliranno dal fondo del mare per uccidere - scenderanno dall'alto del cielo
per espropriare - e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita -
per insegnare ai borghesi
la gioia della libertà -
per insegnare ai cristiani
la gioia della morte
- distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col papa e ogni sacramento
andranno come zingari
su verso l’Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento…
da POESIA IN FORMA DI ROSA 1961-1964, sezione IV, Il libro delle croci, Bestemmia, tutte le poesie, Garzanti
Grazie Paolo per questa osservazione. Quanto ci è mancato e quanto ancora ci manca della sua capacità di intravedere i passaggi epocali. Ci penso sempre a quanto avrebbe potuto ancora darci se non fosse stato ucciso.
RispondiEliminaNino
Verissimo, condivido il commento di nino iacovella. Sono quelli come lui, che possono dare tantissimo, quelli che vengono uccisi da chi non vuole che la gente prenda consapevolezza
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