CONTEMPORANEA

CONTEMPORANEA



ELIO PAGLIARANI
Da ‘La ragazza Carla e altre poesie’ Mondadori, Milano, 1962.

Un amico psichiatra mi riferisce di una giovane impiegata tanto poco allenata alle domeniche cittadine che, spesso, il sabato, si prende un sonnifero, opportunamente dosato, che la faccia dormire fino al lunedì. Ha un senso dedicare a quella ragazza questa «Ragazza Carla»?

La ragazza Carla
I
1
Di là dal ponte della ferrovia
una trasversa di viale Ripamonti
c’è la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e Nerina.


Il ponte sta lì buono e sotto passano
treni carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente che
[cammina
i camion della frutta di Romagna.
Chi c'è nato vicino a questi posti
non gli passa neppure per la mente
come è utile averci un'abitudine
Le abitudini si fanno con la pelle
così tutti ce l'hanno se hanno pelle
Ma c'è il momento che l'abito non tiene
chissà che cosa insiste nel circuito
o fa contatto
o prende la tangente
allora la burrasca
periferica, di terra,
il ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può cascar sotto
e i film che Carla non li può soffrire
un film di Jean Gabin può dire il vero
è forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il cuore impreparato, per esempio, a due mani
che piombano sul petto
Solo pudore non è che la fa andare
fuggitiva nei boschi di cemento
o il contagio spinoso della mano.
2
Il satiro dei boschi di cemento
rincasa disgustato
è questo dunque
che ci abbiamo nel sangue?
O saranno gli occhiali? Intanto è ora
che si faccia cambiar la montatura.
3
Se si diventa grandi quando s'allungano
le notti, e brevi i giorni
ecco ci sono dentro
sembra a Carla di credere, e sta attenta a non muoversi
ché il sonno di sua madre è così lieve nel divano accanto
- ma dormirà davvero, con Angelo e Nerina
che fanno cigolare il vecchio letto
della mamma!
e Carla ne commisura il ritmo al polso, intanto che sudore
e pelle d'oca e brividi di freddo e vampe di calore
spremono tutti gli umori del suo corpo. E quelle
grida brevi, quei respiri che sanno d'animale o riso nella strozza
ci vogliono
all'amore?
E Piero sul ponte, e la gente -
tutta così?
S'addormenta che corre in una notte
che non promette alba
sul ponte che sta fermo e lì rimane
e Carla anche.
4
La madre fa pantofole, e adesso che Nerina ha suo marito
c'è Carla che l'aiuta: infila l'ago, taglia le pezze
fa disegni buffi, un fiocco rosso
in cima, un nastrino di seta
che non vanno
chi compera pantofole dalle Dondi
non ha civetterie: le vecchie vogliono le prove,
e pantofole calde, pagamento più tardi che si può
due anni che una signora Ernani ha da pagare
le sue trecento lire, e puzza di liquori
le giovani sposate sono sceme, alle cose gentili non ci vogliono
nemmeno un po' di bene, anzi le guardano con rabbia
man mano che col tempo si dimenticano
d'esser state ragazze da marito
Qui non si nega che si possa
morire un giorno con un fiocco al collo
uno scialle di seta vivacissimo,
ma è proprio questo: che se torna il nastro
è segno che la donna ecco è già stanca
spremuta tutta, fatta parassita
estranea ai fornelli straniera alla vita
ai calzoni, che pendono in giro frusti
in attesa del ferro da stiro.
5
Nerina l'ha trovato e s'è sposata,
sono saliti insieme tante volte
sul tram, che è parso naturale (lui
la guardava bene, senza asprezza
e senza incanto - e non ce n'era
tanti)
S'è sposata pulita
anche se s'era spinta un poco avanti
e il viaggio di nozze è restato una promessa
per più buoni anni avanti.
Ma Nerina non è stata fortunata
Nerina non ha fatto un buon affare:
in parte si vedeva e in parte fu deciso
così: che Angelo è un abulico,
non è cattivo Angelo ma s'è portato dietro i reumatismi
dalla Germania, e non si muove e non si scrolla
va troppo spesso al cinema
(Alla ditta hanno detto alla signora
fa bene in officina, ma non è
affabile, e chi lo sa come la pensa?) Sì, e prende
ventiseimila con la contingenza.
Lo sapeva anche prima, anche la madre,
e loro gli hanno offerto anche la casa
ma viverci è diverso
è diverso star dentro
e questo, se qualcuno lo sa, è la sua mamma
lei che il numero dei giorni
strappati con le unghie al calendario e trascinati dietro
come un ladro trascina refurtive incommerciabili
porta scritto sul volto e sulle spalle.
6
A Carla suo cognato non le piace
dalla sera del dolce: fidanzato era stato a casa loro
a pranzo, e in fondo, quando c'era il dolce
e tre piatti da dolce e quattro bocche
toccò a Carla pigliarsi la sua parte
in cucina, nel fondo del tegame.
Da questo si capisce che la Carla
l'hanno cresciuta male,
quando mai
s'era vista una festa come quella
l'altr'anno, quindici anni, a carnevale?
a lei tutto il superfluo di affetti e di ricchezza
e la scuola serale
che se nasceva maschio, vuoi vedere
che la vedova lo faceva ragioniere?
7
È dalla fine estate che va a scuola
Guida tecnica per l'uso razionale
della macchina
la serale
di faccia alla Bocconi, ma già più
Metodo principe
per l'apprendimento
della dattilografia con tutte dieci
le dita
non capisce se è un gran bene, come pareva in casa,
spendere quelle duemila lire al mese
Vantaggi dell'autentico
utilità fisiologica, risultato
duraturo, corretta scrittura
velocità resistenza
piano didattico paragrafo primo
La scuola d'una volta, il suo grembiule
tutto di seta vera, una maestra molto bella
i problemi coi mattoni e le case, e già dicevano la guerra
Mussolini la Francia l'Inghilterra.
Qui di gente un campionario: sei uomini e diciotto
donne, più le due che fanno scuola
Nella parte centrale del carrello, solidale ad esso
ecco il rullo
C'è poca luce e il gesso va negli occhi
Nel battere a macchina le dita
devono percuotere decisamente
i tasti e lasciarli liberi, immediatamente
Come ridono queste ragazze e quell'uomo anziano che fa steno
e non sa, non sa tener la penna in mano
Ciascun esercizio deve continuarsi
sino ad ottenere almeno
tre ripetizioni consecutive
senza errore alcuno e perfettamente
incolonnate
O quella povera zoppina, la più svelta
a macchina
Quando il dispositivo per l'inversione
automatica del movimento del nastro, o per difetto
di lubrificazione o per mancanza
del gancio
non funziona
O Maria Pia Zurlini ch'era nata
ricca e ha già trent'anni e disperati
sorrisini
l'inversione
si può provocare in vari modi:
colle mani.
8
Studiava senza voglia, ma studiava
a casa si sa bene che un purgante
va preso, e a tempo debito, però
chissà cosa voleva; intanto Angelo
doveva andare a prenderla all'uscita
In Germania lavoravano nei campi
le ragazze, con zappe e con forconi
e tu che cosa aspetti?
Allora si fa avanti e l'accompagna Piero
che fa stenografia perché non vuole
fare il ciclista col padre, un impiego
gli piace di più, porta gli occhiali
A Piero piace il calcio e non lo gioca
mai o troppo poco e forse c'è qualcosa
che gli torce il tronco nel suo sviluppo
e non prende le cose come vengono e senz'armi
e all'insaputa di sé si mette in lotta con l'ambiente.
9
Ma quei due
hanno avuto poche sere per parlare
la prima fu d'impaccio
la seconda
che risero ragazzi per un tale
che parlava da solo d'una bomba
e un altro poco
altro che bomba, all'incrocio di via Meda
la circolare lo piglia sotto se non era svelto
il tranviere
urli, sfoghi pittoreschi e qualcheduno
pronto a far capannello, al raduno
scappano i cani, si tormenta il pizzetto
il bravo ometto ebete e la dentiera.
Dialogo che possiamo immaginare, un vestito sciupato troppo in fretta
e tira e molla - barba ometto bomba, che ridere che
[piangere
dialogo che possiamo immaginare, uno così voleva riparare
una bicicletta scassata e aveva fretta
fino al portone di Carla
persuasi della colpa originale.
La terza
un istinto battagliero
li condusse a passare per il parco
e fu peggio, che un silenzio
gli cadde addosso e Carla aveva freddo
e Piero zitto e lei anche nel parco di dicembre
Chi sarà questo Ravizza?
chiese Piero, e pentito si nascose
le mani in tasca, che gli davan noia.
Poi uscirono, che zone luminose, allora
qui a Milano,
a Carla assorta e lieve                                                      


Piero prese a dire:
Marcia,
quest'anno,
il campionato,
che è un piacere.
Certa gente si sveglia in quei momenti
ridendo a un sonno buono, equilibrarsi
sopra il trolley, amare un'infermiera per baciarla
è troppo facile. Chi abita nel cielo e quanto paga
d'affitto? Ecco le lune
di Giove sopra i fili del telefono, il viale
sarà tutto magnolie e i giardinieri
avranno un gran lavoro.
Pallavolo, se fosse un altro gioco sportivo, con la gente
O palla prigioniera?
Ecco ti rendo
i due sciocchi ragazzi che si trovano
a casa tutto fatto, il piatto pronto
Non ti dico risparmiali
Colpisci, vita ferro città pedagogia
I Germani di Tacito nel fiume
li buttano nel fiume appena nati
la gente che s'incontra alle serali.

II

1
Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all'ombra del Duomo
Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro
sia svelta, sorrida e impari le lingue
le lingue qui dentro le lingue oggigiorno
capisce dove si trova? transocean limited
qui tutto il mondo...
è certo che sarà orgogliosa.
Signorina, noi siamo abbonati
alle Pulizie Generali, due volte
la settimana, ma il Signor Praték è molto
esigente - amore al lavoro è amore all'ambiente - così
nello sgabuzzino lei trova la scopa e il piumino
sarà sua prima cura la mattina.
ufficio a ufficio b ufficio c
Perché non mangi? Adesso che lavori ne hai bisogno
adesso che lavori ne hai diritto
molto di più.
S'è lavata nel bagno e poi nel letto
s'è accarezzata tutta quella sera.
Non le mancava niente, c'era tutta
come la sera prima - pure con le mani e la bocca
si cerca si tocca si strofina, ha una voglia
di piangere di compatirsi
ma senza fantasia
come può immaginare di commuoversi?
Tira il collo all'indietro ed ecco tutto.
2
All'ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
i segni colorati dei semafori le polveri idriz elettriche
mobili sulle facciate del vecchio casermone d'angolo
fra l'infelice corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
cento targhe d'ottone come quella
transocean limited import export company
le nove di mattina al 3 febbraio.
La civiltà si è trasferita al nord
come è nata nel sud, per via del clima,
quante energie distilla alla mattina
il tempo di febbraio, qui in città?
Carla spiuma i mobili
Aldo Lavagnino coi codici traduce telegrammi night letters
una signora bianca ha cominciato i calcoli
sulla calcolatrice svedese.
Sono momenti belli: c'è silenzio
e il ritmo d'un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno
è questa che decide
e son dei loro
non c'è altro da dire.
E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all'infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?
È nostro questo cielo d'acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c'è
scampo da noi nella vita.
3
Negli uffici s'imparan molte cose
ecco la vera scuola della vita
alcune s'hanno da imparare in fretta
perché vogliono dire saper vivere
la prima entrare nella manica a Praték
che ce l'ha stretta
A Praték gli vanno bene i soldi
e un impiegato mai, perché la fine
del mese i soldi l'impiegato pochi o tanti
li porta via, e lui li guarda coi suoi occhi
acquosi, i soldi, e non gli pare giusto.
A Praték gli van bene anche le donne
e Lidia che era furba lo sapeva
e l'ha passato mica male, il tempo, sullo sgabello della macchina
con le sue cosce grasse.
Ma la moglie coi soldi che è gelosa
vigila sulla serenità delle fanciulle,
Monsieur Praték - in fondo, io sono un filosofo -
non per niente è stato anche in galera
rispetta gli istituti: Lidia parte
entra Carla: può servire che si sappia:
col dottor Pozzi basta un po' di striscio,
fargli mettere la firma in molti posti.
4
Monsieur Goldstein un mite segretario tradito dal cognome
ha chiesto gli anni a Aldo Lavagnino
ventidue
ho un figlio che combatte in Palestina
anch'io di ventidue, ha detto
questa terra
avrà un pezzo di terra per i nostri
figli?
Questa terra ha mercati
e sul mercato internazionale delle valute
libere o no, Cogheanu, il suo padrone, tiene una rete fitta:
da un'area all'altra trasferiscono ogni giorno
valute in questo modo:
Tel Aviv le quinze Avril o Bombay March twenty five
su blok notes, carta straccia
Monsieur X veuillez payer à notre Monsieur Ypsilon
la somme de quatre vingt dix mille neuf cent cinq dollars
Signé Goldstein o Cogheanu
A Bombay a Tel Aviv a Casablanca un ometto Mister X
per quel foglietto paga le sterline
anzi i dollari dollari, oggi son dollari che vanno
nell'affare della soda, bell'e concluso in un momento delicato
in quel momento che la soda sul mercato risentiva del rilancio
jugoslavo e la Germania era alle porte
e Praték a Roma aveva già comprato
con lire d'Italia e alcune scappellate
al mercato nero delle licenze la licenza
d'esportazione per ventimila tonnellate
fu il rapporto dello scambio
dollaro sterlina - si compra a sterline si vende in dollari
a Londra c'è cancelliere un matto -
che buttò a mare l'affare: tremila dollari di spese
quarantacinquemila non guadagnati quarantotto.
Angelo un osso buco intero, con patate
Carla un pezzo col midollo che le piace
l'altro pezzo Nerina la madre le patate
nessuno sa cosa vuol dire pagamento
contro documenti e perché s'usi
ma la madre orgogliosa guarda Carla
crescere.
5
Però non è sicuro che la Carla
cresca come si deve o voglia o sappia
farlo, come si cresce a quell'età
e quali fatti passino o quali invece
segnino un passaggio, chi lo sa?
A venti o a ventiquattro quanti han scritto
d'esser pronti e d'aver necessità
di rifare all'indietro quella strada
non agevole, fin dentro nelle viscere
di chi li ha fatti nascere, a cercare
momenti di rottura soluzioni
di continuità
che la storia non dà
ma che ci sono stati certamente
se sono come sono?
Carla,
sensibile scontrosa impreparata
si perde e tira avanti, senza dire
una volta mi piace o non lo voglio
con pochi paradigmi non compresi
tali, o inaccettati; desideri
precisi da chiarirsi non le avanzano
a fine mese
a fine mese sangue
maculato tra le gambe pallide
la fa tremare sempre, e Praték quando
la chiama nel suo ufficio per dettare.
6
Per esempio, bisogna sentire come bestemmia
che parole volgari come un uomo solamente
- a Carla nausea e niente voglia di domande -
oggi non mite Aldo
quando la gatta è via i topi ballano
La signora Camilla per calmarlo
non liscia il pelo giusto - con la schiena
che tiene su le spalle, sulla macchina
Carla china la faccia rifugiandosi
nei tasti più veloci
«Ci sono cose che superi soltanto
a letto, incastrato in una donna, e maledetto
il frutto del suo grembo» - Aldo trema
non sa come sfogarsi
A third world war
fondamento del diritto delle genti, l'istituto
della guerra È antico quanto gli uomini: a dirimere
le controversie fra gli stati, sia pure come extrema ratio
nulla di più risolutivo ed efficace del ricorso
a codesto, che la dottrina configura e la prassi tutela
come sanzione decisiva cui si affida
il ripristino della violata legalità internazionale
- non c'È da farsi illusione, non È tale legge senza sanzione -
e la scienza specifica, i trattati, dal grotius ai giorni [nostri
ne illustrano le ragioni e la funzione (della guerra-sanzione).
inoltre, la dottrina più recente, sulla scorta degli accadimenti
e dell'espressa volontà dei soggetti di diritto internazionale,
ha elaborato una nuova figura definita guerra-rivoluzione
massima produttrice, ex novo, di diritto: laddove la [prima
ripristina, la seconda crea, mirabilmente integrandosi
il sorgere della legge e il suo proseguimento
A third world war
is nécessary, né-ces-sa-ry, go on translate my friend
sporgendo il petto in fuori come un rullo e fronte dura
e io certo ho tradotto, che faccio il traduttore,
che ce ne vuole un'altra, un'altra guerra
Ci sono anche quelli che a sera
si tolgono un occhio mettendolo accanto
alla scrittura di Churchill, sul comodino,
intanto che fumano la sigaretta:
è un occhio fasullo, di vetro, ma è vera
l'orbita cava nel volto.
Ma farlo di giorno, in piena luce di sole
per sgomentare l'amore
mi vuoi bene così?
Ma farlo di giorno smerciandolo
come salvacondotto al tedesco
non sono un uomo intero pertanto
puoi fare a meno di uccidere
me
che la terza guerra mondiale è necessaria
con le mie parole a me
l'ha fatto dire - in un angolo in silenzio
Praték con gli occhi a dire sì e il beota
ridanciano di Biella «Andiamo piano, signori,
non scherziamo».
Lui dice pane al pane
il turco è assai potente
fare il furbo non gli serve a niente.
Poi, chissà perché, mai fatto prima,
Aldo la segue all'uscita le offre un Campari
Carla adesso rifiuta - ci ha già pensato scendendo -
e invece dice di sì, a Cappellari
si prende il suo aperitivo, se lo mescola
con un po' di vergogna
e in tram le gira la testa
fortuna che i tram
fortuna che nei tram di mezzogiorno
la gente ti preme ti urta ti tocca
magari ti blocca col gomito
ma non ti lascia cadere.
7
Chissà cosa vuol dire debolezza
forza, nella gente, spina dorsale.
Chissà che cosa sanno quanti sanno
ciò che vogliono, che spingono avanti la certezza
di essere, come fossero da sempre
uomini, e per sempre.
Casa mia casa mia
per piccina che tu sia
c'è Nerina con la pancia
con lo schiaffo sulla guancia
del marito che lavora
chi lo sa per quanto ancora
c'è la madre che permette
calze larghe calze strette
tutto bene come fosse
un bambino con la tosse
ogni giorno sempre uguale
c'è una volta carnevale
c'è una volta carnevale
c'è una volta.

III
1
No, no, no - Carla è in fuga negando
una corsa fra i segnali del centro non si nota
se non c'è fra i venditori di sigarette
un meridionale immigrato di fresco
ancora curioso di facce
avanti in marcia
chi ci mette la carica?
scapigliata pallidona
non è vero se non urli, come, paonazzo atrabiliare,
quel tale per diffondere un giornale
questo no. Ho paura, mamma Dondi ho paura
c'è un ragno, ho schifo mi fa schifo alla gola
io non ci vado più.
Nell'ufficio B non c'era nessuno
mi guardava con gli occhi acquosi
se tu vedessi come gli fa la vena
ha una vena che si muove sul collo
Signorina signorina mi dice
mamma io non ci posso più stare
è venuto vicino che sentivo
sudare, ha una mano
coperta di peli di sopra
io non ci vado più.
Schifo, ho schifo come se avessi
preso la scossa
ma sono svelta a scappare
io non ci vado più.
Sagome dietro la tenda
Marlene con il bocchino sottile
le sete i profumi i serpenti
l'ombra suona un violino di fibre
di nervi, sagome colore di sangue
blu azzurro viola pervinca, sottili
le braccia le cosce
enormi, bracciali monili sul cuore
nudo, l'amore
calvo la belva che urla la vergine santa
l'amore che canta chissà
dietro la tenda
le sagome.
La vedova signora Dondi
forse si sarà spaventata
ma non ha dato tempo a sua figlia
Non ti ha nemmeno toccata
gli chiederemo scusa
fin che non ne trovi un altro
tu non lascerai l'impiego
bisogna mandare dei fiori
alla signora Praték.
2
Domenica con un fascio di fiori
Aldo a fianco occupato di lei «Telefonano in un circo.
Pronto: batto a macchina e parlo francese, non basta?
So andare in bicicletta e dire il credo, non basta
per il circo? Non sentite che nitrisco, che volete di più
da un povero cavallo?»
con un fascio di fiori più pesante
di una sporta di pane e di patate
in visita ai signori Praték
Ma madama è squisita, dice belli
ai fiori, bravi ai ragazzi, dice che sciocchezze
dice che Aldo è un giovane per bene
che sono proprio una coppia divertente
forse dice fra i denti almeno questo
le facesse la guardia l'impiegato
Autour des neiges, qu'est ce qu'il y a?
Colorati licheni, smisurate
impronte, ombre liocorni
laghi cilestri, nuvole bendate,
risa dell'eco a innumeri convalli
la vita esala fiorisce la morte
solitudine imperio libertà.
3
Quante scuse le donne, quante moine
per non lavorare. Più bassi ancora
in ufficio gli occhi, di notte
la madre è sveglia a tutte le ore. Ben vengano
domeniche a spasso con Aldo Lavagnino.
Quando camminano in due per le strade
guardano le vetrine del centro
e qualche volta ci scappano di quei commenti
che fanno proprio ridere di gusto. Poi Aldo la porta
a vedere i quadri dei pittori, a bere qualcosa,
a sentire un comizio o, più di rado, al cinema.
Al ritorno, che è sera, poi la prende a braccetto
e non dicono niente, ma va bene lo stesso,
solo se la guarda fisso
o le gira lo sguardo afferrandole il mento con la mano
Carla si sente stanca: è proprio ora
di cena, l'ultimo tratto verso casa
bisogna farlo di corsa.
4
Les rouges les rouges regardez la-bas
fa toro e torero Mizar in casa sua, nell'ufficio A
mentre dabbasso
sfilano operai con le bandiere.
Dabbasso sotto i portici c'è una
che vive col maglione, fa già primavera,
ha un petto enorme e grasso
che le dà da mangiare
dabbasso è lei che applaude
e zitti Carla e Aldo a guardare
mentre Mizar fa il matto
poi dice «a lavorare» un po' più calmo
quando vede la Celere di scorta.

5
Quante parole nei comizi e folla
nel marzo quarantotto! Gente fissa
ogni ora del giorno e della notte in piazza Duomo.
Aldo, Angelo, persino la collega dell'ufficio accanto 


vestita così bene
dicono che la gente che lavora
deve stare al suo posto
che si sa bene per chi bisogna votare.
A Carla per il voto le mancano degli anni
e a lei sembrano molti
Aldo s'arrabbia
e invece è lui che fa rabbia
disoccupato quand'è sera, sofferente
al rifugio che notte gli presenta
per molti o pochi soldi,
e se accarezza Carla
le accarezza le mani, e parla.
Ma il sangue, è vero che ha un ritmo
in certi mesi detti primavera
accelerato? e vale anche per noi, qui sotto il ritmo
della città?
e quest'interno rigoglio come viene
tradotto sopra i volti? ma dietro i vetri
che cosa bolle alla Montecatini
dov'è la primavera della Banca
Commerciale?
Aldo s'è messo in testa che la Carla
vada con lui a mangiare, una sera
ma sarà una sera che Carla ha da fare
con tante cose in casa, col bambino
ch'è nato a sua sorella.
Col bambino che è nato e si prende
altro spazio, è più esiguo
l'esiguo margine a fughe
a un totale parziale o sub-totale
non è che può mancare molto; sopravvive
difatti, solo chi impara a vivere.

Necessità necessità verbo dei muti
idillio accanto alla calcolatrice
corsa proficua degli storpi, amore
del badilante sullo sterro, gravità
sul capezzolo dei nati, erba del prigioniero,
lo stesso capriccio del vento nel tuo nome
fa portatore di polline natura.
6
Come quelli che non seppero servirsi nell'assenza
del genitore è un trauma poi se manca
la frutta sulla tavola, nessuna scusa a Carla
la pazienza di Aldo sa concedere.
Tacitamente passa una domenica
che uno gira solo e l'altra è in casa,
procedendo poi i giorni come al solito
come strumento
come strumento di tesaurizzazione
come strumento di tesaurizzazione l'oro in Europa
si arriva a un altro sabato, ma casca
un approccio, o si perde per aria: domenica bis.
Si può dire benissimo «Esco
a prendere una boccata d'aria» ma anche a questo
a non affogare per strada di domenica da soli
ci vuole temperanza ed abitudine.
Carla non lo sapeva che alle piazze
alle case ai palazzi periferici succede
lo stesso che alle scene di teatro: s'innalzano, s'allargano
scompaiono, ma non si sa chi tiri i fili o in ogni caso
non si vede: attraversando da un marciapiede all'altro sono bisce
le rotaie, s'attorcigliano ai tacchi delle scarpe
sfilano le calze all'improvviso - come la remora che in altomare
ferma i bastimenti.
Quei bambini sul ponte mentre fanno
una festa dolorosa a un animale c'è il fumo che li assale,
a San Luigi sono i ladri che ci stanno, via Brembo è una fetta di campagna, peggio,
una campagna offesa da detriti, lavori a mezzo, non più verde e non ancora
piattaforma cittadina; meglio il fumo sul ponte che scompare
col merci, via Toscana, piazzale Lodi con un poco
d'alberi e grandi chioschi di benzina, dove fischia un garzone bela tusa
e un altro stona ha fatto più battaglie la mia sottana – uno stornello di Porta Romana -
ma è un uomo sciupato, che porta
un cane a passeggio.
Due giovani sul serio non permettono
con baci spudorati alcuna sosta
su una panca nella rotonda del piazzale, incalza il giorno
il cammino di Carla: viale Umbria si muove un po' di gente
c'è qualche faccia di ragazza fatta, motociclette in moto della festa.
Un bar, gente che ride fa richiamo, ma non entra così una signorina
a bere un'aranciata: intrusa, ciccolataia, figurina
è fuori l'aria, anche se ansima ormai
la passeggiata per mutarsi in corsa, e sorprende una parola
una parola qualsiasi scappata a sé sola - come i vecchi alla Baggina,
i matti.
Pure, dopo il silenzio del verziere
- vedessi che fermento domattina - capita che ritrova la città
i negozi coi vetri luminosi, la folla, il salvagente. Come gli altri
il camminare di Carla riacquista sicurezza e andamento: è milanese come è periferia
calare per la festa attorno al centro.
Un giro usato
la riprende, un comizio l'attarda e fa pressione
uno sguardo per lei, si perde il tempo.
L'aria scura dov'è? qui sono luci
vive, abbaglianti, ci sono i quadri colorati dei pittori nelle sale
dove l'ingresso è libero.
Oh la Coscienza che si guarda le Mani
orribili, vestita solo di Calze nere fino all'Inguine! Pittore espressionista ancora ancora
si sbanda la ragazza e vuole uscire
di corsa,
o è per Aldo, che si effonde
pendendo dalle sue labbra una giovane bionda
e un'enorme signora con le volpi? O questi invece fermano
la nuova fuga di Carla?
Contegno, fingimento, con la mano
una ravviata ai capelli e poi lo sguardo a confrontare l'altra
in confidenza con Aldo: ancora rossa o bianca per la pallida
vampa Carla avvampa, ma il pensiero più veloce del freno
[è già pensiero
pensato: ha gambe quella lì
con le caviglie grosse, come è grassoccio il viso, poco fine.
7
Nerina ha voglia di ridere, perché ride ogni tanto
adesso, con il figlio, Carla ha la faccia seria mentre provano
allo specchio, mentre Nerina insegna e Carla impara
a mettere il rossetto sulle labbra: ci deve essere in un cassetto
un paio di calze di nylon, finissime
bisogna provarle.
Questo lunedì comincia che si sveglia
presto, che indugia svagata nella piazza
prima di entrare in ufficio, che saluta
a testa alta «Buongiorno» con l'aggiunta
«a tutti», che sorride cercando Aldo con gli occhi
che gli dice «Bella la ragazza e come
attenta ai tuoi discorsi», che incomincia - forse - il lavoro
fresca.
Quanto di morte noi circonda e quanto
tocca mutarne in vita per esistere
è diamante sul vetro, svolgimento
concreto d'uomo in storia che resiste
solo vivo scarnendosi al suo tempo
quando ristagna il ritmo e quando investe
lo stesso corpo umano a mutamento.
Ma non basta comprendere per dare
empito al volto e farsene diritto:
non c'è risoluzione nel conflitto
storia esistenza fuori dell'amare
altri, anche se amore importi amare
lacrime, se precipiti in errore
o bruci in folle o guasti nel convitto
la vivanda, o sradichi dal fitto
pietà di noi e orgoglio con dolore.



‘La ragazza Carla’ fu scritta da Pagliarani tra il 1954 e il 1957. Il testo comparve per la prima volta nel 1960 sul «Menabò». Nel 1961 viene pubblicato nell'antologia "I Novissimi" curata da Alfredo Giuliani e nel 1962 esce per le edizioni Mondadori. A nessuno sfuggì la novità assoluta della poesia ivi compresa la sua natura epica.  E qualcuno parlò proprio di ‘epica nuova’ (Guido Guglielmi su Paragone nel 1963). Volendo trarre le conseguenze di quest’ultima affermazione si sarebbe potuta avviare una disamina sui caratteri di questa epica moderna, ma la riflessione prese altre strade. Ci sarebbe stata ad esempio da verificare la saldatura di questa epica con la tradizione. Dei caratteri dell’epica tradizionale la ragazza Carla conservava ben poco, fatta eccezione per la struttura poematica, la narratività del testo e l’amore del poeta per le letture pubbliche. Il narrato tradizionale, come sappiamo, solitamente rimandava a un’epoca remota e già mitica. Qui ci troviamo invece in presa diretta col presente, senza alcun mito alle spalle né alcuna teologia. E nessun eroe. Soprattutto nessun eroe maschile. Eroina se mai è Carla. Un’eroina dell’assenza, schiacciata dentro l’anonimato alienante del lavoro d’ufficio è un corpo vago, trasparente, che ha bisogno di ricognizioni tattili. Ma c’è di più, nemmeno la metrica della tradizione è qui rintracciabile. Non c’è di sicuro l’esametro e nemmeno l’ottava ariostesca. Si tratta invece del verso lungo, ormai da tempo in auge in tanta poesia d’oltrealpe, nelle sue più varie misure, con un paio di eccezioni: il verso a scala e, in poche occasioni, l’uso dell’endecasillabo, quasi una pausa lirica e riflessiva. Con la tradizione dunque c’era poco da spartire in quest’opera. La riflessione critica fu, giustamente peraltro, attirata da altro. Anzitutto dalla volontà programmatica dell’autore, in piena temperie montaliana, di scrivere in funzione antilirica. Contro l’invadenza dell’io lirico e del suo linguaggio metastorico a favore di un abbassamento lessicale che ci porta dentro il parlato quotidiano (come in Sereni di Una visita in fabbrica) e a favore di un’immersione nella realtà alienante della rivoluzione industriale nel paese. E a favore anche di un plurilinguismo, che, nel caso di questo ‘romanzo in versi’, si aggira tra i referenti culturali di una piccola borghesia amorale in cerca di promozione sociale con il suo linguaggio burocratico e da manuale didattico, ma che in opere successive, come vedremo, incorporerà anche quelli di natura scientifica. Aggiungiamo qui solo che tutto ciò vive della predisposizione allo sperimentare di Pagliarani, una propensione che è cifra stilistica coerente di tutta la sua produzione anche dentro la neoavanguardia, nella quale si trovò arruolato. 


……………

   
KAREN HESSE: 
Da ‘Oltre la polvere’ (Out of the dust). Romanzo in versi.
Traduzione in italiano di Roberto Piumini, a cura di Donatella Ziliotto.

Debiti.
Papà sta pensando di chiedere
un prestito al signor Roosevelt e ai suoi
per piantare dell'altro grano
dove il raccolto d'inverno è morto appassito.
Il signor Roosevelt assicura
che Papà non dovrà restituire un soldo
finché non arriva il raccolto.

Papà dice “Posso rivoltare la terra dei campi
e ripartire da capo.
Certo presto pioverà.
Il grano crescerà certamente.”

“E se non piove?” dice Ma'.

Papà si leva il cappello e si arruffa i capelli
e si rimette il cappello e dice:
“Sicuro che pioverà.”

“Bay” dice Ma'
“è da tre anni che non piove abbastanza
da far crescere il grano.”

Papà sembra una battaglia che sta per scoppiare .
Porta la sua faccia rossa fuori dal granaio
per non litigare con mia madre incinta.

Io chiedo a Ma' come,
dopo tutto questo tempo,
Papà può credere ancora che piova.

“Be” risponde, “ogni tanto piove abbastanza
perché uno non perda la speranza.
Ma anche se non fosse così
tuo padre ci dovrebbe credere.
Sta arrivando la primavera
e lui è un contadino.”
Marzo 1934.


Delusi.
Sono stata invitata alla consegna dei diplomi
per suonare il pianoforte.

Non ce la facevo, a suonare.
Era passato troppo tempo,
e le mani non funzionavano.
Ero seduta sullo sgabello, fissavo i tasti,
e tutti stavano aspettando,
e quando il silenzio è stato troppo lungo
la gente ha cominciato a mormorare,
e Arley Wanderdale ha abbassato la testa
e la signora Freeland si è messa a piangere.
Forse li ho delusi.

Non ho pianto, testarda come sono.
Mi sono alzata  sono scesa dal palco.

Se soltanto mio padre andasse dal dottor Rice
per cercare rimedi alle macchie della pelle,
il dottore potrebbe guardarmi le mani
e suggerirmi di fare qualcosa.
Ma mio padre non andrà dal dottor Rice,
e io credo che, tutti e due
ci stiamo trasformando in polvere. 
Maggio 1935.

Andare via non è stato meglio,
ma soltanto diverso e solitario.
Più solitario del vento
e più vuoto del cielo
e più muto della polvere
ammucchiata fra me e mio padre.
Agosto 1935.

                                                                                         

Via dalla polvere.
Questo non è un sogno: nei sogni
non c'è consolazione. Cerco
di soffocare il dolore mentre mi alzo,
cerco di fermare il mio cuore
mentre scivolo fuori dalla camera
con un fazzoletto pieno di monete.
Scendo lentamente le scale
e attraverso la cucina
e predo solo qualche biscotto
e lascio la casa di mio padre.
Sono in mezzo alla notte, e sento
ogni suono dentro di me, e fuori, e vado
e so che se resto morirò,
e che io sto lentamente,
sicuramente, soffocando.

Cammino nella notte quieta,
sotto le stelle, e arrivo dove il treno
resta fermo abbastanza
perché una ragazza dalle gambe lunghe
ci possa saltare su, e mentre
il cuore corre sento la terra tremare
sotto i piedi, e un suono di lame affilate,
di metallo contro metallo, quando
il treno si ferma alla stazione.
Un tempo avrei potuto andare a est,
dal signor Roosevelt.
Ora mi ficco sotto un mantello di buio
dentro un carro merci e lascio,
che il treno mi porti a Ovest,
via dalla polvere.
Agosto1935.

‘Oltre la polvere’ (Out of the dust), è un romanzo in versi, scritto come se si trattasse di una raccolta poetica, fatta cioè di testi per lo più brevi e dal verso libero; dunque, apparentemente lontano dal poema inteso in modo canonico. Eppure, proprio in questo sta uno degli elementi di originalità e forza di questo libro. Lo sfondo della vicenda è la Grande Depressione degli anni '30, tutto si svolge in due anni e cioè dall'inverno del 1934 all'autunno del '35. Il punto di vista è quello di una ragazzina (Billy Joe), la vera protagonista, insieme alla polvere, che rimane tuttavia sullo sfondo, una presenza costante ma anche una metafora, una sottile nebbia che tutto copre, agli occhi di una giovane donna che si affaccia al mondo e si trova coinvolta in una tragedia ben più grande di lei. Mi sembra si possa stabilire una relazione fra questo testo e l'opera più celebre dedicata alla crisi del '29 in letteratura: Furore di John Steinbeck. All'epopea con tutta la sua plasticità, Karen Hesse/Billy Joe risponde con il contrappunto di uno sguardo attento e controllato, che lascia trasparire le emozioni attraverso una narrazione - dal tono estraniato - che racconta fatti e misfatti, la durezza della vita, il polverizzarsi dei sogni, per esempio quello di diventare pianista, senza mai scadere nella rivendicazione rancorosa; fino alla scelta finale di andarsene “via dalla polvere.”, migrando verso Ovest in cerca di fortuna, ma anche per lasciare la casa del padre, un personaggio che ricorda assai il Tom Joad del romanzo di Steinbeck, ripreso anche da Bruce Springsteen in un suo brano musicale. Out of the dust è un affresco epico, nitido nel restituirci un tempo storico che sembra ritornare a ricoprirci di nuovo di polvere. 
Va dato merito alla casa editrice, al traduttore e alla curatrice dell'opera di averci fatto conoscere una poeta largamente sconosciuta in Italia, ma bisogna pure ricordare il contributo di Rosaria Lo Russo e del prezioso saggio da lei pubblicato anni fa sulla rivista Testuale.

……………


JOLANDA INSANA.
Da ‘Frammenti di un oratorio (in occasione del centenario del terremoto di Messina)’, Viennepierre, 2009 .

accurrìti accurrìti gente
me figghia me figghia
portate una scala
me figghia
’na scala ’na scala
pigghiate me figghia                                                        


accurrìti accurrìti
u focu u focu
sa mancia
viva
a fini du munnu
a fini da so vita
viniti curriti
’na scala
tièniti tièniti
figlia
    *
scanto
scanto grande
e mascelle serrate
narici aperte per assecondare il respiro
strette le chiappe per darsi un contegno
molli le gambe nel sobbollimento
di terra e mare
e gli occhi aggrottati
nel boato
finita
è finita la vita
ma riprende a fiatare
disserra la bocca
si tocca la testa
con due dita si carezza le guance e trema
non sa cosa c’è dietro la porta
di lì è passata la morte
                *
da ‘La bestia clandestina’
biliosa concima orti chiusi
sotto tettoie affumicate
e quando si rifugia in cucina
brucia i piselli e battibecca
con il suo doppio condiscendente
affetta e rosola tranci di cuore
e frattaglie palpitanti
si sente in colpa e fa manfrina di lacrimeria
ma nessun increspamento smuove
la coltre di ovatta
e per troppa fantasticheria sale sul patibolo
sfascia ferite maleodoranti
e s’affloscia
fantasma

da ‘L’idiota sottostante’ Tutte le poesie 1977-2006, Milano, Garzanti 2007.
[…]
in sogno mi buchi le labbra                                        

con ago e filo
le trapunti e ci fai l’orlo
mi cuci la bocca
per non sentire la mia voce
quanto costa una sposa-bambina?
solo 470 euro
in Afghanistan
[…]

Da ‘Il collettame’ (Società di poesia 1984.)
...non sta scritto da nessuna parte che basta un'occhiata
e si può andare per regioni e province di realtà
dove sentire o non sentire è questione di gusto
a me importa la pelle e la loquela e
la squadratura della spalla per sapere
chi entra in scena e che mosse prepara...
.
...è aperto il conflitto tra me che muto e te che non muti
e ti accerchio e inseguo il punto di più dolce resistenza
dove la parola si sfarina sulla lingua e azzanno
e ti faccio in quattro
.
...non seguo il discorso del non-errore
e poi come fidarmi se dici di non sbagliare
e invece sbagli tono sbagli porta
mi sconfondi con la guardia giurata di turno
non ti seguo
sono io che erro sapendo di errare per luoghi recitati
.
...la moneta che mi rendi è fuoricorso
e non mi compro nulla
sono troppo fuoricampo per forzare le orecchie
del presente e cancellare la parte di spettanza
del giorno avanti giorno
.
mi spoglio del mantello del momento
e metto in tavola il sette d'oro
ma la risposta tarda a venire
.
sta a un tiro di schioppo il cuore
dietro barricate di bardigli
e se centro lo scoppolo e spappolo
e non avete niente nessuno
.
venditori di fumo e trafficanti di finzioni
siamo noi gli esecutori della prima colazione
con spreco di scontro e sprezzo d'incontro
.
e non mi sfugge quello che faccio in sogno
. 
ecc...

Da ‘Turbativa d'incanto: le foglie del decoro’. Tutte le poesie 1977-2006, Milano, Garzanti 2007.
a 300 metri in linea d’aria
il più grande parlatorio del mondo
tra le alture del Golan occupato
nella Valle delle grida
ogni venerdì dopo la preghiera
da trent’anni per un’ora di colloquio
come in carcere
si attivano i megafoni dell’ONU
e i siriani dei due villaggi spezzati
si gridano a distanza con l’aiuto del vento
i fatti della settimana
l’acqua razionata
il raccolto andato a male
le melagrane rosseggianti
le novità di famiglia
e fanno conversati di nascite e decessi
l’eco della Valle non arriva qui
dove si nasce a 10 cm di distanza
dove c’è filo spinato
e ognuno è libero di oltrepassare la soglia
              *
ma sono un granatiere
e tu insulti i granatieri
che a Porta San Paolo non s’infrattarono
ma l’8 settembre per te non è giorno di resistenza
e vai oltraggiando
poi che non sai della resistenza all’oltraggio
e blateri e blateri
tra ordini e contrordini
non hai visto la patria nascondersi? era l’Italia
che ieri come oggi mette in salvo la pellaccia
lasciando tutti allo sbando
               *
nelle estreme periferie del lutto
non mostri il fianco
non fai una piega
ma chiedi attenzione
e approfittando dell’altrui debolezza
ricatti senza un rutto di commozione       


senza un grugnito di pietà.


                   *******


Jolanda Insana ha attraversato con suoi versi contundenti gli anni '80, il decennio durante il quale sono nati tutti i prodromi del disastro politico, sociale, culturale e morale di oggi. L'esordio è del 1977. Un anno dopo, Feltrinelli teneva a battesimo l'antologia La parola innamorata, la prima in cui un gruppo di poeti non venne aggregato sulla base di una poetica, ma intorno a una generica cordata generazionale. Mi piace accomunare questi due esordi proprio perché indicano due direzioni opposte. Mentre l'antologia in questione intendeva sedurre il lettore, i Fendenti fonici di Jolanda Insana (titolo di uno dei suoi libri, ma anche cifra stilistica del suo percorso poetico), vanno decisamente contro vento. Insieme a questo, il plurilinguismo, che ha alle spalle la ricchezza della lingua siciliana che si mescola con quella italiana e ha sullo sfondo la cultura classica, di cui Jolanda Insana è profonda conoscitrice nonché traduttrice; infine il respiro poematico, che traspare anche dai testi più brevi. L'uso del plurilinguismo, la scomposizione e ricomposizione delle parole potrebbe avvicinare superficialmente la sua poesia a certi stilemi avanguardisti e invece ne siamo lontanissimi. Proprio in Fendenti fonici si trovano alcuni versi che ci fanno cogliere la differenza sostanziale: /Comunque le parole significano tutto/e mi parlano dal centro/non di fuori né d'intorno. La forza di scommettere sulla parola, seppure dopo averla torta in alcuni casi, non ha alcun intento dissacrante: questo il senso del parlare dal centro e non dalla periferia del linguaggio, che marchia una scrittura che conserva il senso del tragico, che per definizione manca alla parodia, ma che si ritrova anche nella poesia di Pagliarani - per esempio - troppo arbitrariamente associato alla stagione avanguardista. 
Quanto alle tematiche, la poesia di Jolanda Insana, spazia in ogni direzione e campo, raccogliendo tutte le sfide del momento: le miserie d'Italia, i conflitti di genere,  la storia tragica dei popoli mediterranei, avvertita sulla propria pelle e niente affatto distante; anzi prossima, addirittura a 300 metri in linea d'aria. 

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