venerdì 13 maggio 2022

Gli edifici pericolanti di Massimiliano Damaggio


Abbiamo invitato Massimiliano Damaggio a proporci una scelta dei suoi versi



Edifici pericolanti

Anni fa vivevo in un palazzo degli anni '60. Un giorno l'amministratore comunicò che sarebbe stato necessario fare delle infiltrazioni di cemento perché la struttura portante si stava sgretolando. Da fuori non si notava. Era all'interno dei muri il problema. Era un edificio pericolante.

A Sarajevo nel '98 era da pochi anni finita la guerra. Gli edifici pericolanti erano innumerevoli. C'erano macerie dovunque, l'acqua era razionata e distribuita in determinate ore della giornata. Un giorno accompagnammo in tram un amico all'aeroporto e ci trovammo a dover attraversare un campo minato. Vidi sulla faccia dei compagni un terrore muto e capii che eravamo edifici pericolanti. Fino a pochi minuti prima scherzavamo, ridevamo sul tram.

Ciò che sta per cadere non è caduto. Con gli anni ho però capito che ciò che è pericolante può essere già crollato ma non sempre lo possiamo vedere. Come il palazzo nel quale abitavo o i cittadini di Sarajevo in quel '98. Questo gioco dell'equilibrio fa sì che essere pericolanti, o meglio in bilico, sia la nostra condizione esistenziale.

 
Le cose con le dita

Transitiamo nella zona industriale
su questa terra defunta riposano
nomi di cose in disuso
gonfi di piogge oblique fioriscono
gli uomini dismessi

Aspettiamo, alla fermata dell'autobus, la sera

Sono piccoli vegetali oscuri
dove immergere la mano
è questo rumore senza forma
sono le cose con le dita
impermeabili fiori all'incontrario

corpi scivolati nell'ingorgo
di acque inquinate defluiscono
in esistenze decimate
un nome dopo l'altro, dentro i tabulati, fino all'estinzione

In questo modo precipita la notte
Un alito assente scivola fra i denti

Aspettiamo l'accredito sul conto corrente


Poesia della forza vendita

Esiste il tempo degli uomini in affitto
ripiegati in due dentro il contratto
nell'atto di spalancare la bocca
per ingoiare la moneta: Complimenti
mi dice il manager, Lei è in progressione
tuttavia non sa gestire le risorse:
ci vuole la carota, e ci vuole il bastone

Esiste il tempo dei ruminanti
che sanno l'intimo piacere del bastone
il Suo scopo è essere una molla
caricare il significato dei corpi: Lei
deve scavalcare la catasta dei giorni
sopra cui sta un obbiettivo,
che ci segna


Maurizio il caporeparto e il rackjobber

Tutto il giorno ho allineato
i prodotti sullo scaffale
come fossero versi

e ora sto con l'ordine in mano
fra i carrelli abbandonati
dove dormono i bambini
consumati, nel silenzio

E in questa devastazione, Maurizio
stiamo, fra i carrelli abbandonati

È questa la semina del bulbo
per le voglie del margine,
il campo defunto, e il feto coltivato
che sboccia sul ripiano e si apre in sconto

Questa la trincea per il significato,
l'obbiettivo, e poi il punto
che l'orario ci mette al nome


Θα είναι η ομορφιά η εκδίκησή μας
Sarà la bellezza la nostra vendetta

(frase su un muro di Exàrcheia, Atene)

 Nel '97 passai l'estate con l'amico Samuele a Kìthira, una splendida isola a sud del Peloponneso. Una sera assistevamo a un tripudio di colori sul mare e Samuele mi disse: “Tu sai perché tutti considerano bello ciò che stiamo guardando?”. Tutti i poeti fanno un gran parlare della bellezza ma io non ho mai capito che cosa intendano. Non so cosa sia la bellezza. Ripensando al tramonto, potrebbe essere una cosa qualsiasi che rende felice ogni singolo individuo il quale ha, forse, una sua personale concezione di felicità. Non so dare una risposta. Ho però intuito che è nell'incompletezza di ogni singola risposta che si può trovarne un poco, laddove la porta mostri lo spiraglio di un'ulteriore scoperta, di un tentativo ancora, in opposizione al programmare che nega qualunque mistero e invece di creare domande impone risposte. Nell'imperfezione di tutto e nel nostro tentativo di trovare un equilibrio penso ci sia un indizio di bellezza.


Sull'isola di Kìthira

La strada, bianca come un disinfettante
le pietre grandi, le pietre piccole
le colline, vuote come una morte recente

Questo alla fine è la poesia
una mosca tossica
che depone nel corpo le uova della solitudine

Apro le mani, piene di dita inutili
che sanno solo scrivere parole


San Liborio, Civitavecchia

Queste parole che guardano il sole
questi ragazzini senza vele
che giocano nel campo di pallone
e intorno a loro il mondo tutto
e il vento

Li guardo e mi chiedo dove attraccheranno
un sole caldo li ha sfiorati
ma non basta a salvarli dalle macerie

Primo è l'abisso, che ci osserva
e non conosce la pazienza, e ci insegue

Secondo, l'amore che manca alle mani
per poter raccogliere queste parole
e farne ragazzini che giocano
e ridono


Sulla statale per Killìni

Ma io alla fine è con l'aria che combatto
e levo in alto le braccia per tradurre
una carne in una frase, un risorgere impossibile

e così torno al volante, così incontro
il cane morto per la strada

Se la tua parola era di inciampare nella ruota
e il vuoto che hai lasciato è ignorato da ogni cosa
con che grammatica interrotta chiami, ora
quelli che passano, e non si fermano
perché di te hanno paura

tanto terribilmente presente sei in tutta la tua assenza


Simulazioni

In una singolarità, cioè un buco nero, il tempo non esiste. Ciò che esiste convive con il suo opposto. Forse è questa speranza d'assenza di tempo e luogo, e la conseguente idea dell'annullamento della morte, che ha portato la nostra società a fondere realtà e finzione, sino a far scrivere a Baudrillard che viviamo nell'epoca della simulazione, significando con ciò che ci siamo lasciati alle spalle un mondo sociale più genuino e autentico. Ciò che era genuino e autentico era però tarlato da grandi difetti, e in fin dei conti a molti di noi potrebbe oggi risultare poco attraente. Il nostro tempo è impegnato a costruire un mondo fittizio solo in apparenza più equilibrato di quello precedente, e si spinge, scrive Latouche, fino “allo sradicamento dall'immaginario collettivo della morte. E oggi, la vita, per quanto prolungata non ritrova una sua pienezza. È solo sopravvivenza.” Tutto ciò lo si può definire altrimenti come assoluta mancanza di equilibrio. O follia.


Il materiale

È molto il materiale, che risale
fino alla superficie: del tuo giorno
del passante, di quest'animale
sull'asfalto, aperto in due
all'eccessivo sentimento
per un solo corpo, questo

sopravvivere, gravido di cose
da fare, da acquistare
un articolo, questo conviene
il calcolo del margine, Guardi
non vedo margini di manovra

Eccessivo il materiale
che acquista, che figlia, che insiste
nell'avventura umana e dura:

la nessuna avventura

...
Risale il materiale
fino al sorso delle mani:
non potabile
una mano 
nella serra dei corpi
raccolti a fatturare
chiede due ore di permesso
per andare a riprodursi

Io non posso tradurre tutto
questo pianto, tutto
in parole, non posso
tracciare il grafico esatto
della produzione di massa del dolore

...
E' molto il dolore, e io poco
apro la porta, vado a lavorare
il dolore con le mani
degli uomini molti
alla catena del carrello
che riemergono delusi
dal detrito quotidiano
masticando gli scontrini

e alla scatola di cartone
dove dormonogli involuti
in un cubo senza lessico
evapora il calore
un dito dopo l'altro
fino a quando il polso cede
e dal buco nell'asfalto
germoglia, tiepido, un rancore,

come una madre che per troppo amore
al bambino ha divorato il volto

...
C'è il bambino dilaniato
nel piatto, l'animale coltivato
e questo taglio alle mani
e questa pena dei giorni
ai lunghi tavoli sommersi
che assemblano il prodotto

Ma a volte ci amiamo, nelle pause
piantiamo nel solco un feto ancora

Questo il campo defunto
questa la perfetta solitudine
di feti che maturano nei solchi

e sbocciano, e s'aprono in corpi
portatori di un dolore ininterrotto


Le cose con le forchette

Sediamo, dismessi, sull'autobus la sera
attenti a respirare con prudenza, quasi un alito
possa travolgere chi è disattivato e ora dorme

Così è l'ora che intravede il sonno
questo anticipo goloso della morte
perché la nostra carne è poca, e non riempie il giorno

Così è l'ora di entrare nella food court
e in questa prateria di tovaglioli
ordinare appetizers, gringos, nachos
onion rings, crocchette Kociss
tagliata McKenzie di pollo alla griglia
con pomodorini, rucola e mais
french Fries and Old Wild West sauce ®
flautas El Paso, cheese
rice &
jalapeños

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